sabato 27 marzo 2010

Non avere diritto al lamento.

Gli italiani saranno in questi giorni chiamati a fare una scelta molto importante: decidere da chi farsi amministrare per i prossimi 5 anni, decidere di dare la loro fiducia ad uno dei diversi schieramenti in campo. A questo punto però mi domando: cosa significa votare?
Un voto non è solo il banale esercizio di mettere una croce su un simbolo e scrivere il nome di una persona, che nella maggior parte dei casi neanche conosciamo, ma è l'esercizio della sovranità da parte del popolo che sceglie i suoi rappresentanti, ossia coloro che una volta eletti dovranno responsabilmente esercitare le funzioni di governo in nome e per conto dei cittadini. Molte volte il votare viene anche definito con altre espressioni che ne sintetizzano l'aspetto principale, come: dare fiducia o esprimere la preferenza. In fin dei conti, ogni uno di noi nel momento in cui mette una croce su un simbolo o scrive il nome di un candidato è come se dicesse: ti do la mia fiducia per fare gli interessi di tutti noi, con la promessa che qualora vieni meno a questo impegno, io ti revoco la mia fiducia non votandoti più. Pensandoci bene, nella vita quotidiana noi tutti ci troviamo a votare ogni giorno, una marea di volte, e per le cose più disparate. Quando facciamo la spesa, quando andiamo al ristorante, al cinema, quando scegliamo che musica da ascoltare, quando scegliamo i nostri amici. Tutta la nostra vita è fatta di scelte, in cui selezioniamo le cose che ci piacciono da quelle che non ci piacciono o non ci ispirano fiducia, ovviamente scartando le seconde a favore delle prime. Questo è quello che capita a tutti, penso. Tanto è vero che non ho mai conosciuto una persona che sai andata in un ristorante in cui ha mangiato da schifo, dove usavano cibo avariato, dove la cosa più pulita erano i capelli unti del cameriere, poi ci sia ritornata con piacere, consigliandolo addirittura ai suoi amici.
Bene! Allora è tutto semplicissimo! Voto chi fa bene gli interessi di noi tutti, chi è onesto, chi è responsabile nell'esercizio e nella gestione del potere, mentre non voterò mai più chi si è dimostrato disonesto, irresponsabile, e chi ha favorito solo gli interessi di pochi a discapito degli interessi di tutti.
Ma mi accorgo che proprio in questo semplice meccanismo qualcosa si è inceppato. Perché altrimenti non si spiega l'immondizia a Napoli per 20 anni, non si spiegano i pregiudicati in Parlamento, non si spiegano gli sprechi dei nostri politici, non si spiega perché ci siano ancora intrecci tra mafia e politica. E' come se noi tutti fossimo quello contento che va a mangiare al Ristorante schifoso e ci ritorna anche. Non solo, ma in alcuni casi gli fa anche pubblicità, facendo sì che quel Ristorante, in un certo senso, non chiuda mai bottega. Ma a questo punto la colpa non è solo del ristoratore che non cura l'igiene del suo locale, che usa cibo avariato, che non paga le tasse, che sottopaga i suoi dipendenti, ma è anche di chi, contento o meno, continua ad andarci. Solo che amministrare e gestire il nostro futuro e quello dei nostri figli e cosa ben diversa da andare a mangiare al Ristorante.
E' questo un po' il senso del libro di Antonello Caporale: “Peccatori”, presentato ieri a Francolise, in cui l'autore ha detto, sintetizzando: ogni uno ha i rappresentanti che si merita. Caporale ha fatto una critica a 360° della politica italiana, non cavalcando esclusivamente la moda dell'anti-berlusconismo, che sola risulterebbe tanto parziale quanto sterile, ma affondando il colpo sia a destra che a sinistra. Perché in fatto di “magna magna”, volgarmente detto, son bravi tutti, e tutti noi siamo bravi a riconoscerlo. Ma non siamo altrettanto bravi a riconoscerci Peccatori. Non siamo i poveri succubi di un sistema malato, ma siamo coloro che lo alimentano e lo giustificano nel momento in cui chiediamo di non fare file che ci spettano, di avere un “calcio” per un concorso che con le nostre forze altrimenti non supereremmo, nel momento in cui decidiamo che il nostro particolare interesse viene prima del bene comune.
«Ingenuo, Fesso, Idealista. Ma non sai che così gira il mondo? Se non lo faccio io ci sono altre cento persone che lo fanno? Fatti furbo. Adeguati! Altrimenti non arriverai mai». Questo è quello che ci sentiremmo rispondere se facessimo questo discorso alla maggior parte delle persone. Allora ecco che le parole di Caporale trovano senso e prendono forma. Diventa inutile e persino sciocco lamentarsi di una Italia che gira alla rovescia se siamo noi stessi a volere e a determinare che giri in questo modo invece che nel giusto senso.
Io una soluzione ce l'ho ed è racchiusa in una parola: CORAGGIO. Coraggio di lavorare duro per raggiungere i propri obbiettivi e non cercare scorciatoie; Coraggio di denunciare il marcio che quotidianamente respiriamo e non chiudere gli occhi; Coraggio di criticare il potere e non di dimostrarsi compiacenti per non urtare la sua “sensibilità”; Coraggio di pretendere nei fatti e non solo a parole un futuro migliore; Coraggio di essere cittadini e non servi.
«Ingenuo, Fesso, Idealista. Ma non sai che così gira il mondo? Se non lo faccio io ci sono altre cento persone che lo fanno? Fatti furbo. Adeguati! Altrimenti non arriverai mai». Fino a quando continueremo (per chi abbia dubbi mi ci metto anche io) a non aver CORAGGIO, non abbiamo diritto al lamento, non ci sarà nessuno che ci assolverà per questi peccati, ma troveremo solo potere che non farà altro che divorare il nostro futuro.
Caporale finisce il suo discorso con le parole di Giorgio Gaber: «Non ho paura di Berlusconi in se ma di Berlusconi in me». Dovremmo tutti quanti riflettere su queste parole e farci un esame di coscienza, che forse c'è ancora speranza.

P.S.
Per quelli che invece sono orgogliosi del Berlusconi che è in loro, credo non ci sia più niente da fare.


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